“La visione critica che i cittadini hanno del sindacato non pregiudica la consapevolezza dell’importanza del suo ruolo, che deve però ripartire dalla centralità del lavoro, dei salari, della sicurezza, della stabilità”: è una delle conclusioni-chiave dell’indagine demoscopica commissionata dalla CGIL di Bergamo a IPSOS sulla percezione e la fiducia nei confronti delle organizzazioni sindacali italiane.
I risultati del sondaggio, ottenuti attraverso 1.000 interviste svolte nella seconda metà di marzo, sono stati illustrati venerdì 22 aprile durante il convegno “Il ruolo sindacato nella società italiana”, tenuto alla Borsa Merci di Bergamo. CLICCANDO QUI è possibile riascoltare gli interventi di chi ha partecipato ai lavori: Nando Pagnoncelli, presidente di IPSOS Italia, il senatore Antonio Misiani e i sindacalisti Fabrizio Solari, segretario generale nazionale della SLC-CGIL, Alessandro Pagano, segretario generale di CGIL Lombardia, e Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo.
“I dati che emergono dall’indagine, a volte crudi e sorprendenti, ci offrono alcuni suggerimenti per ‘cambiare pelle’, per tutelare meglio il nostro corpo tradizionale, lavoratori e pensionati e per incrociare chi oggi ancora non ci conosce, giovani, inoccupati, precari, Partite Iva, lavoratori fragili, fornendo risposte ai loro nuovi bisogni in questa transizione sociale, economica, delle produzioni rapidissima. Ad una condizione, che prescinde da ogni sondaggio, da ogni indagine di mercato: quella di tenere la barra dritta dei nostri principi cardine, dei nostri valori, per poterli trasmettere nella società, cioè democrazia, libertà, lavoro, solidarietà, cooperazione, autonomia, crescita delle tutele ed estensione dei diritti, riconoscimento e valorizzazione delle differenze”, ha detto nel suo intervento introduttivo Gianni Peracchi, segretario generale provinciale della CGIL.
Ad emergere dall’indagine (qui consultabili i risultati completi) sono le opinioni complessive - non del tutto nuove, per la verità – su quelli che vengono considerati i compiti prioritari del sindacato, sulle ragioni per iscriversi e sulle maggiori aspettative nutrite rispetto alle conquiste sindacali future, ma anche in merito alla notorietà dei leader sindacali e al rapporto tra sindacato e politica, in particolare del legame storico tra sindacato e sinistra.
Tra le conclusioni più rilevanti, messe in risalto da Nando Pagnoncelli durante la sua esposizione, c’è il fatto che la maggioranza degli italiani (tre su quattro) pensa che i sindacati debbano difendere i diritti dei lavoratori e che il governo debba sempre coinvolgere i sindacati quando si parla di lavoro.
Il compito principale del sindacato è, secondo i partecipanti al sondaggio, quello di vigilare sul rispetto delle leggi che tutelano i lavoratori. Segue il ruolo di mediazione tra governo ed esigenze dei lavoratori e solo dopo viene menzionata l’assistenza burocratico-legale per i propri iscritti.
Parità salariale, sicurezza sul lavoro e salario minimo sono i temi da presidiare. Riduzione delle tasse e lotta al precariato sono i temi più critici: urgenti ma con prospettive percepite come più cupe per il futuro.
Infine, dall’indagine emerge come la fiducia nel mondo sindacale sia stata fortemente condizionata da questi due anni di pandemia: il contributo offerto dai sindacati durante la crisi è considerato positivo solo da 1 intervistato su 5. Inoltre, secondo l’indagine, gli italiani ripongono più credito in Confindustria che nei sindacati, tra i quali però, la CGIL è quello che gode di maggior fiducia.
Al capitolo dedicato al rapporto tra sindacato e politica, la maggioranza degli intervistati sostiene che le organizzazioni sindacali debbano dialogare direttamente con il governo, scavalcando i partiti, quando ci si occupa di problemi del mondo del lavoro.
I sindacati politicizzati, d’altronde, non sono né più attrattivi né tantomeno più efficaci secondo le opinioni degli intervistati: solo 1 su 5 è incentivato a iscriversi dalla vicinanza di idee politiche del sindacato, e circa metà del campione ritiene che un sindacato politicizzato sia meno credibile e meno efficace sui temi del lavoro. Schiacciante, infine, la maggioranza che sostiene che il sindacato debba occuparsi solamente di ciò che riguarda il mondo del lavoro rispetto a chi crede che debba prendere posizione su tutti i temi di attualità politica: 55% Vs. 25%, ma tra gli iscritti CGIL queste due posizioni sono invece quasi perfettamente contrapposte (48% Vs. 50%).
Nel dibattito ampia attenzione è stata rivolta alla crisi profonda e generalizzata dei modelli sociali, dei processi di coesione, dei corpi intermedi, dunque di associazioni, partiti e sindacati, e al tema della disintermediazione, cioè del rapporto più diretto tra leader e “base”.
“Troppi sono i segnali che testimoniano un pericoloso ritorno di spinte particolaristiche, leaderistiche, autoritarie, populiste, inevitabilmente vocate a coltivare conflitti anziché convivenze civili e democratiche” ha sottolineato Peracchi. “Se il modello che va per la maggiore negli ultimi tempi è quello della disintermediazione, questo a mio avviso non ha sortito e non può sortire effetti certamente positivi. La disintermediazione va contrastata in tutte le direzioni, anche in quella tra politica e sindacato. Un rapporto dialettico tra politica (partiti e governo) e associazioni di rappresentanza sociale ed economica va conservato, certo rivitalizzato e mantenuto nei binari delle reciproche sfere di competenza, senza rigidità eccessive naturalmente. Non credo giovi alla politica, quella che fatica o non riesce a farcela da sola, appropriarsi delle vesti sindacali così come non penso giovi al sindacato pensare di poter sostituirsi tout court alla politica, non considerandola a prescindere”.